Confrontarsi con i Disturbi Alimentari non è mai semplice è per questo che vi proponiamo le risposte alle 10 domande più comuni su questo insieme di patologie.
Cosa sono i disturbi alimentari?
I disturbi del comportamento alimentare sono un insieme di patologie caratterizzate da un’alterazione persistente delle abitudini alimentari e da modalità di assunzione del cibo che compromettono la salute fisica e il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo delle persone. Molto spesso rappresentano un modo per esprimere un disagio profondo e il cibo diventa il canale comunicativo di questa sofferenza.
Chi soffre di un disturbo alimentare tende a valutare se stesso e il proprio valore, principalmente in base al suo peso, a cosa e a quanto mangia e alla sua capacità di esercitare il controllo sull’alimentazione e sul proprio corpo. I disturbi alimentari sono patologie che riguardano il cibo, ma non solo, riguardano soprattutto i pensieri, i comportamenti e il rapporto con il proprio corpo. Spesso è presente una dispercezione corporea, ovvero una distorsione che porta le persone a vedere il proprio corpo diversamente da come appare.
Ne esiste un solo tipo?
No, ne esistono diverse forme. Le diagnosi più frequenti sono anoressia, bulimia e binge eating. Negli ultimi anni assistiamo anche alla nascita di “nuovi” disturbi alimentari quali la vigoressia, l’ortoressia, l’alimentazione incontrollata notturna. Sempre più ricerche sembrano confermare una visione transdiagnostica dei disturbi, ovvero il fatto che il punto di partenza possa essere un nucleo psicopatologico comune: l’eccessiva importanza che la persona dà al peso, alla forma del corpo e alla capacità di controllarli e che i diversi disturbi rappresentino delle variazioni nei tentativi di soluzione a questo nucleo.
Colpiscono solo le donne?
Colpiscono prevalentemente le donne, ma non solo. Il falso mito secondo cui i disturbi alimentari sarebbero disturbi tipicamente femminili porta molti ragazzi e uomini a evitare di chiedere aiuto per vergogna o perché tendono a sottostimare il problema.
Si ammalano solo gli adolescenti?
Questi disturbi insorgono tipicamente in adolescenza e nella prima età adulta, dai 12 ai 25 anni, anche se l’età di inizio del disturbo si sta tragicamente abbassando. Per alcuni disturbi, ad esempio il binge eating, l’età di insorgenza può essere più avanzata. Le ricerche ci dicono che lo sviluppo di un disturbo alimentare durante l’adolescenza potrebbe essere favorito dall’interazione tra fattori biologici (cambiamenti ormonali, maturazione cerebrale, modificazioni fisiche, ecc) e ambientali (eventi stressanti, sfide evolutive, spinte all’autonomia).
Perché ci si ammala?
Non esiste un unico motivo per cui ci si ammala di un disturbo alimentare e le cause possono essere diverse da persona a persona. Contrariamente a quello che si è pensato e, purtroppo, scritto per molti anni, l’insorgenza di un disturbo alimentare non è dovuta a un rapporto conflittuale con la propria madre. Sono moltissimi i fattori coinvolti nell’insorgenza, ma soprattutto nel mantenimento del disturbo e sono collocati a più livelli. Il modello teorico che sembra essere più capace di spiegare l’insorgenza di un disturbo alimentare è un modello multifattoriale, ovvero un modello che prevede l’interazione di diverse tipologie di fattori. La nascita e lo sviluppo di un disturbo alimentare sarebbe quindi la conseguenza dell’interazione tra fattori predisponenti, ovvero che aumentano il rischio che una persona si ammali e che possono essere generali (sesso femminile, adolescenza, esposizione all’ideale di magrezza) o individuali (presenza di un disturbo alimentare in famiglia, bassa autostima, perfezionismo, insoddisfazione corporea, ecc.), fattori precipitanti, cioè eventi o situazioni che scatenano il disturbo (separazioni, lutti, episodi di bullismo, fallimenti scolastici) e, infine, fattori di mantenimento. I fattori di mantenimento sono tutti quegli elementi che impediscono una risoluzione della malattia ma che, anzi, alimentano i diversi circoli viziosi che la animano, tra questi: l’eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo come metro di giudizio del proprio valore, diete ferree e comportamenti di compenso (vomito, lassativi), abbuffate, comportamenti non salutari di controllo del peso (ad es. pesarsi frequentemente, conteggio delle kcal), sentirsi grassi, sottopeso.
La psicoterapia cognitivo- comportamentale si concentra proprio su quest’ultima tipologia di fattori, secondo l’idea che per far cadere una castello di carte non sia necessario minarne le fondamenta ma, piuttosto, colpire le architravi.
Si può guarire da un disturbo alimentare?
Sì! Guarire da un disturbo alimentare è possibile. Tra i fattori prognostici positivi troviamo: la giovane età e la breve durata della malattia. Per questo è di fondamentale importanza un intervento tempestivo, in quanto i disturbi alimentari tendono a cronicizzare se non adeguatamente trattati.
E’ colpa dei genitori?
No, i familiari non causano il disturbo ma possono influenzarne il decorso. Poichè i dca insorgono tipicamente nell’adolescenza, è fondamentale che i familiari siano coinvolti nel percorso di cura. Questo non solo per aiutarli a conoscere e comprendere il disturbo stesso, per fornirgli chiavi di lettura dei comportamenti che osservano, ma anche per aiutarli a creare un ambiente ottimale e costruire delle strategie di gestione dei pasti, ma anche d comunicazione e di cura in generale. I familiari diventano così degli alleati, dei compagni di viaggio in questa avventura che è la strada verso la guarigione.
Sono un modo per attirare l’attenzione?
Spesso i dca rappresentano un modo per comunicare il proprio disagio e la propria sofferenza, un tentativo dolorosissimo di essere visti nelle proprie fragilità e difficoltà. Non vengono intenzionalmente scelti come capriccio per attirare l’attenzione su di sè, ma rappresentano un tentativo della persona di essere ascoltata, guardata e accudita.
Quali sono i campanelli di allarme?
I disturbi alimentari hanno uno sviluppo subdolo e non sempre facile da individuare, questo anche a causa della scarsa consapevolezza di malattia di chi ne soffre che, soprattutto nelle prime fasi, è ambivalente rispetto al desiderio di guarigione. Come già detto però, un intervento tempestivo e precoce rappresenta un fattore prognostico positivo, pertanto è bene prestare attenzione ad alcuni campanelli di allarme:
- drastici cambiamenti nelle abitudini alimentari: ad esempio eliminazione di intere categorie di alimenti, sminuzzamento del cibo, aumento del consumo di thè, caffè, spezie preferite ai condimenti classici
- il cibo, il peso e la forma fisica diventano l’unico argomento di conversazione
- irritabilità e umore altalenante
- evitamento delle situazioni sociali, soprattutto se connesse al consumo di cibo
- significativa perdita di peso con conseguenti sintomi quali: disturbi gastrointestinali, debolezza, irregolarità nel ciclo mestruale
- disturbi del sonno
Tendenzialmente le persone osservano drastici cambiamenti nei comportamenti, non solo alimentari, del proprio caro, quelli riportati sono solo alcuni e non devono essere necessariamente tutti presenti contemporaneamente.
Cosa fare?
Il primo passo è accorgersi di avere un problema e chiedere aiuto. Se siamo vicini a qualcuno che sta soffrendo è importante incoraggiare alla richiesta di aiuto, senza minacce o colpevolizzazioni ma ascoltando e fornendo supporto. E’ poi di fondamentale importanza richiedere una consulenza specializzata rivolgendosi a professionisti che inizino una valutazione accurata e approfondita della natura e della gravità del problema in modo tale da approntare, il prima possibile, il miglior percorso di cura possibile.
Se anche tu ti riconosci in alcuni degli elementi descritti, o se sei vicino/a a qualcuno che soffre di un disturbo alimentare, non esitare a contattarci per una prima consulenza.
Dott.ssa Marta Ferrari
Non possiamo pretendere che le cose cambino, se continuiamo a fare le stesse cose.
Le vostre testimonianze
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