Vi è capitato di essere preoccupati per la salute psichica dei vostri figli in periodo di Pandemia? Spesso capita di notare dei profondi cambiamenti negativi nel comportamento del proprio figlio, di vederlo stanco e spento, di notare un calo nel rendimento scolastico o altri campanelli d’allarme. La pandemia ci ha messo tutti a dura prova. La nostra routine si è stravolta, e anche quella dei nostri figli. C’è chi lavora da casa in smart working con i figli piccoli, desiderosi costantemente delle nostre attenzioni, e che possono farci lavorare il doppio rispetto a prima; o in altri casi chi lavora costantemente e incessantemente con ritmi lavorativi estenuanti, stando poco a casa e non accorgendosi, talvolta, dei profondi cambiamenti che avvengono dentro i nostri figli, specialmente in quell’età di passaggio e cambiamento.
Cambiamento che potrebbe rappresentare un piccolo trauma in alcuni casi, poiché li coglie impreparati.
Cosa si può fare in questi casi?
Il professionista può fungere da intermediario, permettendo di accedere al mondo interno dei ragazzi. Non sempre questi segnali sono legati a un episodio depressivo, e proprio per tale ragione il professionista permette di distinguere, caso per caso, le ragioni di tale cambiamento. Rispetto a un percorso psicoterapico svolto con un adulto, con i ragazzi si adatta di più l’utilizzo di un ciclo breve di incontri, aventi lo scopo di esplorare il suo mondo interno, i propri vissuti e stati d’animo, e le cause. Mediante questi incontri è importante invogliare i ragazzi ad esprimere e a verbalizzare tutte le sue sensazioni e sfumature emotive, aiutandolo a prenderne consapevolezza e quindi a gestire i propri flussi emotivi. Questo aspetto aiuta i ragazzi a dare una nuova lettura a tutto ciò che sente, e sostiene il duro compito del genitore nel comprendere le dinamiche del figlio.
Il caso del piccolo Pietro
Pietro è un ragazzino di 12 anni, molto intelligente e bravo a scuola. Il suo modo di esprimersi e il suo comportamento lo fa sembrare più grande della sua età. È molto socievole ed estroverso e nel tempo ha creato dei rapporti di amicizia molto forti con quasi tutti i compagni di classe. I genitori di Pietro sono due chirurghi e trascorrono molte ore in ospedale; tuttavia, Pietro non è mai solo poiché si trova spesso con i suoi compagni a studiare o a giocare. Pietro è molto appassionato di calcio, è un piccolo prodigio del golf, e ama giocare ai videogiochi come “Fortnite”. Prima della pandemia, Pietro, nonostante alle volte non avesse tanta voglia di andare a scuola, generalmente affrontava lo studio in modo positivo, vivendolo come occasione di ritrovo e condivisione con i compagni. Con l’inizio della Pandemia le cose cambiano. Pietro vive un periodo di reclusione in casa: le lezioni avvengono in DAD, senza più contatti con i suoi compagni ed amici, tutte le attività sportive vengono sospese, e Pietro inizia a sentirsi in ansia per i suoi genitori. Ogni giorno il TG parla di medici in prima linea con orari di lavoro pazzeschi, di cui alcuni si sono ammalati e qualcuno non ce l’ha fatta. Pietro inizia a perdere la voglia di sentire i suoi compagni in chat, e il suo profitto scolastico crolla. I genitori sono molto risentiti e stressati e Pietro prova un grande senso di colpa perché “non sta facendo il suo dovere di studente”. Tutto gli sembra poco reale e troppo freddo, perché vissuto attraverso lo schermo del computer. Gli scherzi e le risate che faceva con i suoi compagni di classe sembrano solo ricordi di un passato lontano. Pietro non riesce più a gestire lo scandire del tempo e comincia a trascorrere davvero troppe ore su Fortnite. Mentre gioca sente che il tempo vola, altrimenti per lui la noia è insopportabile! Allo stesso tempo, tuttavia, sente una forte preoccupazione per l’eccesso di ore passate davanti allo schermo: “in quei momenti sentivo di perdere il controllo, e provavo un grande senso di colpa per aver messo da parte lo studio, proprio mentre i miei genitori erano lì a lavorare”. Trascorreva tutte le sue giornate in questo modo, perdendo quasi il contatto con la realtà. Si sentiva sempre più stanco e demotivato, chiudendosi in sé stesso, riducendo sempre di più i contatti telefonici con i suoi compagni. Pietro provava molta difficoltà a dormire, passando molte notti insonni. Il suo vissuto era costellato da sentimenti di colpa, di ansia e di vergogna. Ad un certo punto, la madre, preoccupata per il calo drastico del rendimento scolastico del figlio, si è rivolta a me, e insieme abbiamo stabilito la necessità di un ciclo di 8 incontri.
All’inizio Pietro aveva difficoltà ad aprirsi, ma man mano è riuscito a verbalizzare il proprio disagio e vissuto ed instaurare un rapporto di fiducia con me. I forti cambiamenti e la difficoltà di verbalizzare i propri stati d’animo possono mettere in serie difficoltà i ragazzi. Inoltre, in quella fascia di età, la deprivazione sociale ha un peso superiore di quello che avrebbe in età adulta. Attraverso la psicoterapia è possibile aiutare la verbalizzazione del sentito, e dare ai ragazzi degli adeguati strumenti di riflessione da poter utilizzare in momenti di difficoltà. Lo psicoterapeuta, inoltre, grazie all’uso delle nuove tecnologie, può porsi come punto di riferimento per i ragazzi, dandogli la possibilità di parlare anche qualora ne sentisse il bisogno, al di fuori dei contesti concordati.
Le vostre testimonianze
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